Parco Nazionale d’Abruzzo
SUPERFICIE: 44.000 ha, oltre a 60.000 di Zona di Protezione Esterna
ANNO DI ISTITUZIONE: 1923
ALTITUDINE: 2249 m
UBICAZIONE E ACCESSIBILITÀ: al centro dell’Appennino, vi si arriva dall’uscita di Pescina della A24 Roma-Pescara con la Strada Statale 83 Marsicana, che percorre tutto il parco, e anche da Cassino, uscita della A1 Roma-Napoli. Pescasseroli e la valle del Sangro si raggiungono anche con i pullman che partono dalla stazione di Avezzano.
INFORMAZIONI: Parco Nazionale d’Abruzzo, via Santa Lucia, 67032 Pescasseroli, tel.0863/910715.
PERIODO DI VISITA: tutto l’anno.
ATTIVITÀ PER I VISITATORI: escursionismo naturalistico; uffici di zona e Centri visite in tutti i comuni del parco, alcuni dei quali dotati di musei e aree faunistiche, tra cui quelli di Civitella Alfedena, Bisegna e Opi; museo e piccolo zoo a Pescasseroli; programmi didattici e ricreativi vengono organizzati dell’Ente Parco durante il periodo estivo.
SENTIERI: 154 itinerari tracciati di difficoltà variabile.
RIFUGI: numerosi i rifugi in quota aperti ad escursionisti e alpinisti.
ALLOGGI: nei comuni del parco sono presenti numerosi alberghi, pensioni, ostelli e campeggi, oltre a numerosissimi bed & breakfast.
Il decano dei parchi italiani
Anche se molti non lo sanno il Parco Nazionale d’Abruzzo nacque di fatto su iniziativa dei suoi abitanti: infatti nel lontano 1922 la Federazione Pro Montibus, costituita da un gruppo di uomini di cultura, prese in affitto circa 500 ettari della costa della Camosciara nella val Fondillo di Opi per salvaguardarne le valenze naturalistiche e soprattutto la fauna che, scomparsa da gran parte dell’Appennino, vi era invece sopravvissuta grazie alla natura impervia dei luoghi e alla presenza, tra il 1872 e il 1877 e tra il 1900 e il 1912, di una Riserva reale di caccia istituita a seguito dello spostamento della corte sabauda a Roma.
Il parco nei primi anni di vita si estese grazie a successivi ampliamenti, ma poi dovette subire un lungo periodo d’agonia iniziato nel 1933, quando la sua gestione fu affidata alla Milizia Forestale, e durato di fatto fino al 1968, quando sembrava che sarebbe stato definitivamente cancellato e travolto dalle speculazioni edilizie.
Fortunatamente però nel 1969 fu nominato direttore Franco Tassi, che ha saputo dare a questo parco grandi prospettive di conservazione della natura e di sviluppo economico, con un connubio virtuoso che oggi fa da esempio per tutti i parchi nazionali del mondo ed ha fatto meritare al parco il Diploma del Consiglio d’Europa per la Conservazione della Natura.
Gran parte del territorio del parco è occupato da foreste, più varie alle quote più basse; salendo il sopravvento viene preso dalla faggeta, che occupa più della metà del territorio e cresce rigogliosa e compatta anche su versanti ripidi e rocciosi, celando ambienti impervi dove la grande fauna ha i suoi rifugi. Se il lupo, l’orso, il camoscio d’Abruzzo sono ancora presenti nell’Appennino e oggi possono, spontaneamente o con l’aiuto dell’uomo, colonizzare anche gli altri massicci circostanti lo dobbiamo a questo Parco Nazionale. Nei suoi 44.000 ettari sono state censite 1900 specie di piante vascolari, pari ad un terzo dell’intera flora italiana, 60 specie di mammiferi, 230 di uccelli, 30 di rettili e anfibi, oltre 6000 insetti, molti dei quali rari ed endemici. E quel che è più bello è che gli animali si vedono.
In tutta l’Europa occidentale non esiste un posto dove le osservazioni di orsi in libertà siano altrettanto frequenti. Un olfatto e un udito finissimi consentono però all’orso di dileguarsi prima di essere scorto, per cui gli incontri ravvicinati sono sempre il frutto di colpi di fortuna e si limitano all’attimo che precede la fuga in direzioni opposte dell’orso e dell’uomo. Molto più proficuo è allora perlustrare con l’aiuto di un binocolo le praterie al di sopra del limite superiore della faggeta all’alba o al tramonto: anche se da lontano può capitare di osservare a lungo l’orso al pascolo e, di solito, in sua assenza non mancano mai cervi e caprioli. Val la pena di guardare bene le praterie del monte Marsicano e del monte Mattone dalla strada della Camosciara, quelle del monte Amaro dalla val Fondillo o quelle dell’alta valle Iannanghera. Per esser certi di vedere i camosci, anche da distanza ravvicinata, si deve invece percorrere il sentiero che da Civitella Alfedena sale per la val di Rose fino a Forca Resuni: usciti dal bosco, si trovano branchetti di camosci, si ammirano le evoluzioni acrobatiche dei gracchi alpini e può capitare di veder spuntare, dal vicino crinale della Camosciara, l’aquila reale.