Anche in Italia si incomincia a parlare seriamente di “Pet Therapy”!
Nel 1981 negli Stati Uniti d’America nasce la Delta Society, un gruppo di volontari si organizza mettendo a disposizione il loro amico animale per poter iniziare un lungo percorso che li porterà a studiare e ad applicare questa nuova scienza chiamata “Pet Therapy”.
Ospedali, case di cura, carceri, comunità psichiatriche, scuole, ecc. vengono frequentate da pet partners e dal loro animale. I risultati sono lampanti: aumento della socializzazione, diminuzione dello stato aggressivo, diminuzione della depressione, ecc.
Nel giugno dei 1994 il Centro di Collaborazione OMS/FAO per la Sanità Pubblica Veterinaria di Roma interagendo con altre strutture, organizza il 1° corso informativo di “Pet Therapy” ed Ippoterapia.
Quindi ci sono voluti ben tredici anni perché anche in Italia si riconoscesse la validità di tale intervento.
E’ certo ormai che la presenza di un animale migliora da un punto di vista psicologico la vita dell’individuo, “diminuendo la solitudine e la depressione, agendo da supporto sociale, dando un impulso alla cura di se stessi e diventando una fonte di attività quotidiane significative.
Gli animali possono diminuire l’ansia e predisporre una stimolazione dei sistema nervoso o, in altre parole, abbassare lo stress divenendo una fonte di contatto piacevole, una visione rilassante e una percezione di sicurezza e tranquillità.” (Friedmann & Thomas, 1985, Katcher & Friedmann, 1980).
Cos’è la Pet Therapy?
La nostra complessa società definisce , finalmente il cane non più come un soggetto passivo al quale dare affetto o da utilizzare, ma una figura attiva dal quale ricevere affetto.
La “Pet Therapy” non é una panacea, utile a risolvere tutte le malattie. Infatti non é sufficiente affiancare un animale a una persona sofferente per aspettarci il miracolo della guarigione. Una corretta applicazione della “P.T.” non coinvolge solo un uomo e un animale, ma anche tecnici competenti del comportamento umano e quelli competenti del comportamento animale.
Quindi gli interventi di “P.T.” dovrebbero essere monitorati da una équipe seria composta da medici veterinari, psicologi, medici, educatori, ecc
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Comunicazione non verbale:
Gli animali d’affezione, famigliari, sono quindi riconosciuti quali componenti essenziali di un rapporto equilibrato tra l’uomo e l’ambiente di vita. Tale principio è stato chiaramente enunciato e difeso in quella che si può oggi definire la “dichiarazione di Ginevra” (7° conferenza internazionale, 1995, Ginevra: “Animali, Salute e qualità della vita”, nel corso dello quale sono stati presentati 5 principi fondamentali, vediamoli:
Accettare il diritto universale non discriminatorio ad avere un animale domestico in tutti i luoghi e in tutte le circostanze, se I ‘animale viene adeguatamente curato e non inficia i diritti dei non proprietari di animali.
Prendere le misure più idonee per assicurare che l’ambiente umano sia pianificato e progettato in modo da tenere conto dei bisogni e delle caratteristiche degli animali da compagnia e dei loro proprietari.
Incoraggiare la presenza regolamentata degli animali da compagnia nelle scuole e nei curricoli scolastici. Convincere gli insegnanti e gli educatori dei benefici prodotti do questa presenza attraverso appropriati programmi di addestramento.
Assicurare l’accesso regolamentato degli animali da compagnia negli ospedali, case di riposo e altri centri di cura per tutti coloro che, a qualsiasi età, hanno bisogno di questo tipo di contatto.
Riconoscere ufficialmente quali validi interventi terapeutici quegli animali che sono specificamente addestrati per aiutare le persone a superare limiti e disabilita; promuovere lo sviluppo di programmi per addestrare tali animali e assicurare che la conoscenza della loro capacità sia inclusa nell’insegnamento base delle professioni sanitarie e sociali.
l’individuo organizza le proprie esperienze inferiori ed esteriori tramite le relazioni: “…. la relazione é sempre un prodotto della descrizione doppia.” (G. Bateson). La relazione tra animale e uomo risale all’era Paleontolitica, infatti tracce di cane sono state ritrovate in una caverna di quell’epoca.
Molto importante é anche il fatto che l’animale viene usato come “trasmettitore di messaggi”, ovvero comunicazioni non verbali tramite messaggi di particolari eventi o situazioni. I messaggi che arrivano da un animale sono correnti tra loro da “una rete complessa”. L’uomo comprende l’animale tramite una sorta di ” puzzle”, cioè egli formula delle ipotesi le quali vengono continuamente modificate dalle azioni dell’animale. “La comunicazione tra specie diverse é sempre una sequenza di contesti di apprendimento in cui ciascuna specie viene continuamente corretta quanto alla natura di ciascun contesto da azioni meno ambigue dell’animale…….” (G. Bateson).
(Wilson, 1987) la comunicazione é una azione che altera la distribuzione di probabilità dei comportamento in un altro organismo in modo adattivo per l’uno o l’altro o entrambi i partecipanti.
Pet Therapy e handicap fisico:
nell’aprile dei 1990 nasce l’AIUCA (Associazione Italiana Uso Cani d’assistenza), un’associazione che si occupa dell’addestramento di cani per aiutare disabili fisici nelle azioni del quotidiano.
Nel campo dell’handicap fisico troviamo anche l’ippoterapia., nata alcuni anni fa allo scopo di “alleviare” e “aiutare” persone affette da handicap fisici o pluriminorati.
L’ippoterapia si distingue in ippoterapia psicologico educativa e quella medica.
Anche la “Pet Therapy” può essere usata con soggetti affetti da handicap fisici, molti studiosi affermano che l’uso del cane da compagnia aiuta anche il mantenimento dell’aspetto fisico. Lo spazzolare, lanciare la pallina, lavare il cane, ecc., sono tutte attività che chiedono un impegno motorio, decisamente più piacevole di un esercizio con un tutore imposto da uno specialista.
“Pet Therapy” e gioco:
l’attività ludica generalmente risulta essere un qualcosa di piacevole, aumentando il buon umore, sviluppando la socializzazione, rinforzando l’attività fisica.
Anche gli animali, soprattutto se cuccioli, amano giocare molto e possono risultare degli ottimi compagni di gioco, là dove l’isolamento e la solitudine dominano.
“Pet Therapy” e socializzazione:
l’animale da compagnia risulta essere un perfetto tramite per lo sviluppo delle relazioni. Uscire al parco con il proprio cane é fonte di incontri, di discussioni, ecc.
Sviluppo della responsabilità:
alcune volte ci capita di portare a termine un compito assegnatoci con estrema superficialità, a causa di vari motivi, fretta, disinteresse.
Il risultato spesso può essere negativo con anche delle conseguenze, più o meno dannose. Accudire una animale richiede invece una certa attenzione, una “responsabilità” che ci obbliga a svolgere il compito in maniera adeguata perché in questo caso le conseguenze del disinteresse potrebbero essere molto dannose.
Affidare un compito del genere, ad esempio, ad un adolescente, aiuterebbe la sua crescita e a sviluppare il senso dei reali valori della “vita”.
“Pet Therapy”, quali problemi?
chi é interessato a questo mondo, e pensa di iniziare a conoscerlo meglio per poi proseguire oltre, non deve sottovalutare alcuni problemi:
Non possono essere coinvolte certamente persone affette da fobie per gli animali.
Gli animali coinvolti come supporto alla “Pet Therapy” devono possedere delle precise qualità fisiche e caratteriali (livello di reattività molto basso alla presenza di altri animali o di altre persone o di gruppi numerosi, agli stimoli, soprattutto a quelli negativi), buona capacità di memoria, consequenzialità e direzione ecc.
Gli animali devono essere accuditi in maniera adeguata e il ruolo del medico veterinario nei loro confronti è di garantirne la salute, eventualmente di individuare che nel proseguo delle varie esperienze i soggetti impiegati non abbiano a modificare in senso patologico il loro comportamento.
Quando si utilizza un cane di grosse dimensioni è indispensabile assicurarlo.
Se coinvolta una struttura pubblica o privata, bisogna lavorare con il personale che si occuperà del progetto stabilendo delle regole precise, valutando la loro reale motivazione e il grado di impegno.
Qualsiasi progetto deve essere monitorato da una équipe di tecnici, allo scopo di non iniziare un lavoro “fai da te” poco attendibile.
Bibliografia essenziale:
Natoli, E. 1997. Attività e terapie con l’ausilio di animali: quadro internazionale e stato dell’arte in Italia. ANNALI DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’.
“La Pet Therapy: gli animali e la salute dell’uomo”, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”, giugno 1996.
La Conferenza Internazionale sulle interazioni uomo-animale “Animals, Health and Quality of Life”, settembre 1995.
“Animali e uomini imparano insieme”. PET MAGAZINE, novembre 1997.
A scuola con una malamute
Dai comuni mortali, il Malamute, in quanto nordico, viene visto come un cane dal carattere sui generis, un cane che si fa i fatti suoi, forse anche pericoloso, un lupo, insomma!, travestito da agnello. Cheyenne del Lago degli Orsi, femmina di ormai otto anni, ha contribuito a smentire ancora una volta tutto ciò.
Da febbraio a maggio 1998 è stata la protagonista di sedute di Pet-Therapy che si sono svolte presso la Scuola Elementare “Lambruschini” di Padova, in cui lavoro come insegnante di sostegno per bambini in situazione di handicap.
Fruitori di queste sedute, sono stati quattro bambini di classi differenti, affetti da diverse patologie: dal ritardo mentale all’impaccio motorio. L’esperienza è stata possibile grazie a diversi fattori: la disponibilità dei genitori, dei colleghi e della Direttrice della scuola; il fatto che Cheyenne sia il cane di mia sorella, e quindi la conosco e mi conosce fin da cucciola; il mio lavoro di insegnante di sostegno per bambini con handicap unito alla mia passione ed esperienza come addestratrice di cani; la pazienza, la sensibilità e la passione per i bambini che contraddistinguono Cheyenne.
Inizialmente, il Dott. Aldo Giovannella, che si
occupa anche di Pet-Therapy, ha tenuto una lezione introduttiva a tutti i bambini delle classi in cui insegno parlando dei cane in generale utilizzando prima delle diapositive e poi facendo vedere e toccare Cheyenne.
Fruitori di queste sedute, sono stati quattro bambini di classi differenti, affetti da diverse patologie: dal ritardo mentale all’impaccio motorio.
L’esperienza è stata possibile grazie a diversi fattori: la disponibilità dei genitori, dei colleghi e della Direttrice della scuola; il fatto che Cheyenne sia il cane di mia sorella, e quindi la conosco e mi
conosce fin da cucciola; il mio lavoro di insegnante
di sostegno per bambini con handicap unito alla mia passione ed esperienza come addestratrice di cani;
la pazienza, la sensibilità e la passione per i bambini che contraddistinguono Cheyenne.
Inizialmente, il Dott. Aldo Giovannella, che si
occupa anche di Pet-Therapy, ha tenuto una
lezione introduttiva a tutti i bambini delle classi in
cui insegno parlando dei cane in generale
utilizzando prima delle diapositive e poi facendo vedere e toccare Cheyenne.
Fruitori di queste sedute, sono stati quattro bambini di classi differenti, affetti da diverse patologie: dal ritardo mentale all’impaccio motorio. L’esperienza è stata possibile grazie a diversi fattori: la disponibilità dei genitori, dei colleghi e della Direttrice della scuola; il fatto che Cheyenne sia il cane di mia sorella, e quindi la conosco e mi conosce fin da cucciola; il mio lavoro di insegnante di sostegno per bambini con handicap unito alla mia passione ed esperienza come addestratrice di cani; la pazienza, la sensibilità e la passione per i bambini che contraddistinguono Cheyenne.Inizialmente, il Dott. Aldo Giovannella, che si occupa anche di Pet-Therapy, ha tenuto una lezione introduttiva a tutti i bambini delle classi in cui insegno parlando dei cane in generale utilizzando prima delle diapositive e poi facendo vedere e toccare Cheyenne.
Alla fine anche i paurosi volevano accarezzare e portare in giro Cheyenne: durante la lezione, circondata da 40 bambini che la toccavano, chiamavano e accarezzavano, Cheyenne ha mostrato di essere perfettamente a proprio agio, sottoponendosi di buon grado a tutto ciò che 40 bambini possono fare ad un cane!, divertendosi (al punto che, imparato quale era il giorno in cui si andava a scuola, già di buon mattino era pronta al cancello in mia impaziente attesa)!Gli incontri successivi si sono svolti con cadenza settimanale della durata di due ore: ad un momento iniziale in classe, seguiva il lavoro individuale coi bambini in situazione di handicap per sviluppare gli obiettivi che mi ero proposta:
favorire l’integrazione dei bambini con handicap
aumentare la produzione linguistica
stimolare l’autonomia personale del bambino
migliorare la coordinazione motoria.
Le loro reazioni sono state differenti, ma tutti erano attratti dal cane e volevano stare con lei: c’era chi aveva paura quando la sentiva abbaiare, chi era intimorito nel darle il biscotto, chi continuava a darle ordini per poterle dare il biscotto – premio, chi, quando la accarezzava, rideva.
Cheyenne si è rivelata un’ottima co-terapeuta: ha accettato di buon grado di ripetere gli esercizi diverse volte, cioè di sedersi, abbaiare a comando, portare la palla, correre, sdraiarsi, mangiare biscotti (l’esercizio più gradito!), farsi portare a guinzaglio, farsi toccare ed accarezzare, sempre con molta pazienza, delicatezza, adattando i suoi tempi di risposta al comando e attesa del premio a quelli più lenti dei bambini.
I bambini, dopo alcuni incontri in cui hanno vinto la diffidenza mano a mano che si rendevano conto che Cheyenne era docile, hanno beneficiato della sua compagnia: si è infatti notata una pronuncia sempre più chiara delle parole ordine (Seduta – Terra – Abbaia – Porta), determinata dalla necessità di farsi comprendere chiaramente per ottenere obbedienza; i tempi di attesa, normalmente ridotti a pochi minuti per le attività scolastiche e ludiche, hanno subito un notevole incremento, arrivando a circa un’ora di attenzione continua verso Cheyenne e gli esercizi da fare con lei; hanno imparato a prendersene cura, facendola riposare e portandola a bere.
Cheyenne è riuscita a stabilire con questi bambini una relazione piacevole, rilassante ma soprattutto gratificante, dando loro la possibilità di gestire e vivere autonomamente a livello operativo – ma soprattutto emozionale – un rapporto interpersonale con un altro essere umano, questo perché per Cheyenne, M., L., A. e G. non sono “bambini con handicap”, ma bambini e basta.
Ilaria Giacomelli
Articoli
Un Cucciolo come medicina (tratto dal settimanale “CHI” nov. 1998)
Il recente convegno che si è svolto a Mestre ha ribadito l’aiuto che i cani possono dare a persone affette da vari problemi.
Contro mal di testa e depressione può essere più utile fare le coccole al nostro cane piuttosto che imbottirsi di medicinali. È ormai un fatto certo che il nostro piccolo amico ci fa vivere meglio e più a lungo, e per questo la Pet Therapy, cioè l’utilizzo degli animali d’affezione come aiuto terapeutico in molte malattie, acquista sempre più importanza e viene anche accettata negli ospedali. Gli studi hanno dimostrato che la compagnia del cane riduce il rischio di infarto. Accarezzando il proprio animale si abbassano infatti la pressione e i livelli di colesterolo. Sembra inoltre che il cane possa prevedere l’insorgere di un attacco epilettico, di un coma ipoglicemico, di una sincope e anche di una crisi schizofrenica. Recentemente si è svolto a Mestre un importante convegno sulla Pet Therapy voluto dall’Anffas (Associazione nazionale famiglie di fanciulli e adulti subnormali), durante il quale è emersa chiaramente l’influenza positiva del cane su persone con problemi psichici o disagi sociali. La sua presenza facilita la socializzazione dei bambini autistici, l’inserimento di quelli adottivi e il recupero dei tossicodipendenti, e inoltre cura anche la solitudine delle persone anziane.
Roberto Allegri
UN ANIMALE COME TERAPIA (tratto dall’Eco del Terraglio n°10 nov. 1998)
Fedele come un cane, ruffiano come un gatto, astuto come una volpe, muto come un pesce e ancora… pauroso come un coniglio, veloce come una lepre, dispettoso come una scimmia, sfuggente come un’anguilla e chi più ne ha più ne metta!
Dalla notte dei tempi l’uomo guarda con interesse e circospezione , curiosità ed affezione, il piccolo grande mondo degli animali. Cani, gatti, cavalli, delfini e persino i roditori sono davvero i migliori amici dell’uomo.
La Pet-Therapy (terapia dolce tramite l’animale da compagnia) lo ha capito fino in fondo, ha cioè colto appieno il grande potenziale terapeutico insito nel rapporto biunivoco uomo- animale. La ricerca sulle interazioni tra uomo e animale finalizzate al miglioramento delle qualità della vita umana da un punto di vista sia fisico che mentale è tema di grande attualità.
Dagli Stati Uniti, paese pilota in questo settore della ricerca, giungono risultati più che convincenti che hanno saputo attrarre l’interesse e stimolare l’approccio conoscitivo dei ricercatori in campo etologico, psicologico e sociale anche in Italia.
La Pet-Therapy inaugura un nuovo modo di intendere la funzione degli animali in ambito sanitario, riabilitativo, sociale ed assistenziale.
Il concetto chiave infatti risiede nell’uso appropriato di animali domestici e selvatici (più frequentemente cani, gatti, cavalli e delfini) per mezzo della loro presenza e della loro capacità di comunicare al fine di mitigare ed alleviare condizioni di malessere e disagio.
E’ scientificamente provato infatti che in molti casi la semplice presenza di un animale determina una maggiore inclinazione al sorriso e un aumento di disponibilità al dialogo. Efficace rimedio per combattere la solitudine e la depressione, due mali molto diffusi nella nostra società individualista fino al parossismo; ottimo strumento anti-stress; “catalizzatore” sociale capace cioè di aggregare diversi membri di un gruppo, sia esso il semplice nucleo familiare o quello più numeroso di una qualsivoglia comunità; elemento di “distrazione” da problemi come l’incomunicabilità o il senso di rifiuto che spesso degenerano in forme più acute di nevrosi e di alienazione.
Il nostro amico “pet” (animale domestico) svolge davvero un ruolo importante nel migliorare la qualità della nostra esistenza quotidiana e potrebbe diventare un ausilio insostituibile nella cura di molte patologie gravi come l’handicap psicofisico, se questa terapia, oggigiorno ancora agli albori, trovasse nel nostro Paese la forza e soprattutto gli strumenti per affannarsi con maggiore rigore metodologico.
P.S. Messaggio riservato agli amici degli animali.
Memorizzate subito questo nuovo indirizzo telematico: www.amicianimali.it, grazie ad esso infatti, potrete accedere direttamente al mondo dei “quattro zampe” ed a quello più specifico della Pet-Therapy.
La connessione garantisce un’informazione mirata ed immediata sugli argomenti più svariati; notizie curiose e storie bizzarre vi faranno sentire ancor più legati alla grande famiglia degli animali.
Raffaela Cavallari
Pet therapy: una realtà da conoscere
Non è necessario avere il pedigree per fare del bene a qualcuno. Tricky è un meticcio di cinque anni e mezzo, forse un incrocio tra cani da caccia, adottato da un canile. Nessuno avrebbe mai immaginato che potesse diventare così bravo; e non lo sarebbe diventato, se nel suo cammino non avesse incontrato Giorgio, un istruttore cinofilo che si è preso cura di lui e lo ha reso un cane speciale. Tricky ha innata una grande passione per il gioco, la pallina in particolare: per ottenerla è disposto non solo ad ubbidire, ma a compiere piccoli miracoli.
Ogni sabato mattina Tricky e Giorgio vanno a trovare gli anziani della casa protetta comunale “Guicciardini” di Modena, dove si sta portando avanti un progetto di pet therapy, denominato “Fido”. Tricky è uno dei primi cani in Italia a poter entrare in una struttura ospedaliera e non è stato facile neanche per lui.
Nella opinione comune, condivisa anche da molti medici, un animale può essere portatore di malattie, o comunque non è igienicamente adatto a frequentare certi ambienti. Purtroppo non tutti sanno che non solo un animale, quando è ben tenuto, è controllato periodicamente da un veterinario e vaccinato contro ogni tipo di malattia, ma che è sufficiente un colpo di aspirapolvere per portarsi via anche il pelo che eventualmente dovesse cadere.
I risultati ottenuti, nel loro piccolo, da Giorgio e Tricky possono invece far comprendere l’importanza che un animale può rivestire anche in situazioni clinicamente difficili.
Rientrano nel progetto Fido della Guicciardini una decina di anziani, ognuno con una patologia diversa: Vittoria è una signora non molto anziana, ma cieca da lungo tempo; Argentina è invece piuttosto avanti negli anni, ma soprattutto è malata di Altzeimher; Remo si rifiuta di camminare, perché sostiene che le gambe non lo sorreggono più; Bluette ha una grave depressione. E come loro tutti gli altri.
La medicina tradizionale ha potuto poco di fronte a queste patologie, Tricky ha compiuto piccoli miracoli. Da quando partecipano alla terapia assistita, tutti questi anziani hanno raggiunto risultati insperati.
Argentina, per esempio, il sabato mattina, appena viene accompagnata nella saletta dove Tricky e Giorgio la aspettano, smette di tremare, rimane ferma sulla sedia e chiama a gran voce il cane per poterlo accarezzare. Remo si è alzato, ha camminato da solo, spesso lo si incontra in giro per la struttura con Tricky al guinzaglio. Bluette per tutta la giornata non parla dell’inutilità della sua vita, e una volta è arrivata a confidare: “Tricky è la felicità più grande che io abbia mai provato in vita mia; se venisse tutti i giorni, io sarei la persona più contenta del mondo”. E infine Vittoria, quale gioia ha provato quel giorno, d’estate, quando Giorgio le ha fatto provare l’agility: quando ha sentito che il cane infilava il tubo dopo il suo comando, si è sciolta in lacrime e ha sussurrato un “grazie”.
Tricky fa bene a queste persone, ha risolto e sta risolvendo problemi che la medicina tradizionale non è in grado di affrontare. E di cani come Tricky ce ne sono tanti, pronti ad aiutare anziani o persone in difficoltà. Basti pensare alla gioia che un cucciolo genera in un bambino e a quanto sarebbero più allegri i reparti di pediatria se ci fosse un cagnolino con cui poter giocare.
L’esperienza della Guicciardini andrebbe conosciuta, studiata, esportata: i sorrisi degli anziani valgono più di ogni medicina.
Modena, 12 marzo 2001
Silvia D’Onghia Rogadeo
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ultima modifica, 21 novembre 2007